mercoledì 21 agosto 2013

questa volta conoscevo la bocca della vita

mio piccolo grande amore

tutto denti e sorrisi

tutto coccole e caldini sotto il mento

piccolo piccolo da straziarmi il cuore

e grande da farmi struggere di nostalgia

dado, un anno fa eri ancora dentro me.

eri il mistero, liquido e stropicciato.

piccolo puffo sgambettante

hai reso perfettamente chiuso il cerchio

mi hai riportato la pace.

non posso fare a meno di ripensare alla notte in cui sono uscita da qui per venire a prenderti.

la nostra ultima cascata d’acqua calda, mentre ti sentivo vigile ma immobile a captare ogni sussulto del mio ventre che ti indicava la strada. poi i vestiti, le scarpe rosse. ancora niente calze, faceva caldo. mi ricordo il saluto a momo che mi ha strappato un pezzo di cuore. forse quello che dovevo dare a te.

mi ricordo esattamente tutti i pensieri, in fila e ostinati tra un gradino e l’altro, mentre lasciavo la nostra vita a tre e venivo a prenderti.

quel dolore prepotente alimentato dai fantasmi e le allucinazioni.

la paura di non sopravvivere, per la prima volta.

perché questa volta conoscevo la bocca della vita, la stessa della morte.

quel tunnel di luci e ombre, coi suoni distanti e penetranti, quella spinta che non arriva e che poi arriva.

e tutto può accadere.

sapevo che questa volta sarei stata sola. sola con te. ma sola.

nessuna fiducia nel mondo.

ero un kamikaze. inspiravo ed espiravo

nel vento dell’universo.

sapevo che per te dovevo lanciarmi ancora nel vuoto. senza paracadute, senza nessuno.

era una marcia funebre, quella delle mie scarpette rosse sui gradini di marmo.

le mani aggrappate al corrimano.

scendevo nel vuoto, sempre più in basso, per la tua vita.

sento così presenti i ricordi stamattina, mentre di là il fracasso dell’acciaio.

le tue risate che sono natura allo stato puro.

fra qualche giorno sarà un anno.

e io non posso dimenticare.

il tempo non lenisce proprio niente.

è uno dei tanti miti che da madre comprendi.

e inclini il capo. e vai avanti.



Caia Coconi (post originale)

domenica 18 agosto 2013

assolutamente non come me lo immaginavo

ciao eccomi qua in un momento di tranquillità mentre il mio principino dorme con la panzotta piena...è nato il 27 maggio alle 01.23 e pesava 3,820 kg..non certo il bisonte che mi avevano prospettato i medici e per cui mi hanno indotto alla 38 settimana...

comè nato il mio piccolo gnomo
domenica sera Dany mi ha detto: è meglio che usciamo a prenderci una pizza ed un gelato, perché prevedo che per molto tempo non lo faremo piùio non gli credevo, non ne ero molto convinta, per è stata una bella serata e sono riuscita persino a dormire tranquilla.
la mattina dopo alle 8 meno 20 siamo arrivati in ospedale..questa volta, a differenza del lunedì precedente, abbiamo deciso di portare con noi la valigia invece di lasciarla nel portabagagli della macchina. io continuavo a non credere che avrei partorito, ma ci speravo, eppure non sapevo neanche io cosa volesse dire che quella camminatine, dal parcheggio allospedale, sarebbe stato lultimo miglio che avrei fatto camminando con il pancione ed i piedi gonfissimi, lultimo pezzetto di strada che io e daniel stavamo facendo in due, perché di lì a poco nella nostra vita tutte le strade sarebbero state percorse da noi tre!!
ebbene, arriviamo in ospedale e suono il campanello della sala parto. Mi apre un'ostetrica che fortunatamente avevo già incontrato in precedenza quando avevo una sospetta gestosi, Cristina, che mi accoglie gentilmente e mi chiede di attendere che arrivi il medico a visitarmi. io esordisco dicendo: ho un macrosoma, mi devono indurre il parto!! questa frase poi resterà famosa tra il personale del reparto
arriva il medico (in sostituzione del primario, che era il ginecologo da cui ero in cura, ma si trovava in ferie) che borbotta un po, poi scopro conosce anche la mia famiglia quindi si rende più gentile e disponibile, mi visita e mi dice: guardi, la testa del bimbo è ancora alta ma io il cesareo proprio non lo farei, prima tenterei con 3 dosi di gel a distanza di 6 ore luna. questo mi rassicura un po, io il cesareo proprio non lo volevo fare e lo ripeto più e più volte (anche se il primario, mio ginecologo, era più di quest'idea). quindi esco di lì, Cristina mi mostra la mia camera per il travaglio (che bello, mi hanno dato la più spaziosa e la più luminosa, ben 4 finestre, il letto, la spalliera, due sedie ed il bagno ma senza doccia uffa!) e io comincio a sistemarmi.