lunedì 1 dicembre 2014

e’ timida e non ha il coraggio di guardarci in faccia

Questo sara’ un lunghissimo racconto della nostra avventura di genitori adottivi, in cerca della bambina desiderata da sempre.
La nostra avventura e’ iniziata nel lontano 2000, quando dopo inutili tentativi di fecondazione, preghiere e ricorsi a tutto il possibile, per non parlare dei soldi e dello stress, abbiamo dovuto arrenderci alla realta’ di un figlio naturale impossibile.
L’idea dell’adozione mi aveva sempre attirato, quindi dopo una discussione e valutazione dei pro e contro abbiamo deciso di iniziare la lunga trafila dei documenti, colloqui con il Giudice del tribunale Minori, psicologa e assistente sociale finche’ dopo un anno abbiamo finalmente ricevuto l’idoneita’ all’adozione. Dopo aver verificato la carenza di bambini adottabili in Italia e vista l’esperienza positiva (piu’ o meno) di una coppia di amici che hanno adottato un bimbo ucraino abbiamo dato il mandato a una Associazione che si occupa di adozioni con l’Ucraina.
Abbiamo avuto cosi tanti problemi e incidenti di percorso che non voglio raccontare o ricordare ma…finalmente e’ arrivato il momento di partire: 2 luglio 2004.

Partenza da Roma il pomeriggio alle 17, beh, piu’ tardi a causa di persone rimpatriate che cercavano di fuggire dall’aereo, quindi sembrava “Oggi alle comiche”: persone che scappavano, carabinieri dietro e poi le hostess. Arrivo a Kiev alle 11 di notte, disbrigo delle formalita’, controllo dei soldi e la nostra guida, Vitaliy, angelo custode ad aspettarci . L’unico problema era che la macchina non aveva benzina sufficiente per portarci a Kiev quindi ci hanno dovuto portare a un distributore e alle 2 di notte siamo arrivati in un appartamento piccolo piccolo e …senza acqua calda( scoperta agghiacciante l’indomani).
L’appuntamento al Centro Adozioni era Lunedi’ 5 luglio quindi il sabato e la domenica li abbiamo passati a girare e esplorare Kiev, una bellissima città, e a traslocare in un’altro appartamento piccolo piccolo ma al centro e con acqua calda a volonta’.
Lunedi’, giorno cruciale. Arriviamo alle 9 al centro Adozioni con la nostra interprete. entriamo in un ufficio alla fine di un lungo corridoio tempestato di foto di bambini e genitori felici, buon segno! Ci sono due scrivanie, in una c’e’ un signore con la barba che parla con una coppia americana, nella nostra una ragazzina di circa 20 anni, che scopriamo essere la psicologa e in un trespolo un pappagallo variopinto che fa baccano.
Ci viene chiesto il sesso e l’eta’ del bambino desiderato e noi esprimiamo la preferenza per una bambina, massimo 8 anni di eta’. La psicologa esce e ritorna con due libroni di schede con la copertina rossa e una scheda volante sopra. Ci dice che c’e’ una bambina di 9 anni appena resa adottabile e prima di avere risposta comincia a telefonare per rintracciarla e chiedere notizie. Noi intanto guardiamo i libri nella speranza di una bambina piu’ piccola ma dopo alcuni tentativi a vuoto (questa e’ schizofrenica, questa la vuole la nonna, questa e’ malata…), ci pare di capire che abbiano gia’ deciso la bambina per noi. Guardiamo la scheda e ci accorgiamo che Alina e’ nata il giorno del nostro anniversario di matrimonio. Ci piace il nome, ci colpisce la data di nascita e la foto mostra una bambina spaurita con i grandi occhioni grigi che sembra dire ” Sono qui, che vi aspetto.”.
Nel frattempo la psicologa rintraccia la bambina che si trova in una colonia estiva e fissa un appuntamento per farci incontrare. Due giorni dopo ci alziamo alle 5 di mattina per andare in un paesino a 3 ore di macchina da Kiev. Arriviamo dopo le 8 e parliamo con l’ispettrice dei minori del paesinProbo dove si trova l’Internat che scopre che la bambina ha una sorella maggiore.
Problema, poiche’ in Ucraina non si possono separare i fratelli. Per fortuna per noi (ma la bambina non e’ molto felice) la sorella ha compiuto 16 anni ed e’ andata via dall’Internat e a vivere con il padre (che non e’ il padre di Alina, poiche’ e’ morto quando lei aveva 1 anno).
L’ispettrice concede l’autorizzazione, firma e viene con noi a incontrare la bambina.
Dopo circa 3 Km in aperta campagna arriviamo in un edificio fatiscente e pullulante di bambini. Sbucano da tutte le parti, si chiedono chi sara’ il/la fortunato/a a scappare dalla prigione. Ci fanno accomodare in una stanza maleodorante e entra un bambino con i capelli cortissimi.
Ci sbagliamo, e’ lei, e’ timida e non ha il coraggio di guardarci in faccia. Si siede in mezzo a noi e le mostriamo le foto di casa, la gatta, la sua stanza, mama e papa. Alina racconta di aver sognato una settimana fa che un papa e una mama sarebbero venuti a prenderla!
Eccoci qui, le diamo dei giocattoli e si mette subito a giocare con il puzzle. poi le diamo dei biscotti e caramelle e corre subito a darne agli amici. andiamo a fare una passeggiata e parla in continuazione in ucraino (ahime’) sorride, prende la nostra mano e ci chiama mama e papa.
Al momento di andare via piangiamo tutti e tre. Abbiamo una figlia, con il nasino all’insu’, occhioni grigi e capelli biondi e piedoni enormi…diventera’ alta.
Le promettiamo di tornare presto e di portarla in Italia con noi, lei dice di essere contenta. Andiamo all’Internat e iniziamo la trafila dei documenti. Scopriamo che la madre e’ alcoolizzata e ha perso i diritti sulla bambina perche’ la picchiava e la faceva morire di fame.
Ha 30 anni, e’ divorziata e aveva un’altra figlia dal precedente matrimonio anch’essa scappata da casa e finita in un orfanotrofio. Il padre di Alina e’ morto di attacco di cuore quando lei aveva 1 anno. Destino sfortunato, come quello della maggior parte di questi poveri bambini. La vita e’ dura e l’alcool (vodka soprattutto) costa molto poco, quindi bevono per dimenticare la sofferenza, non hanno soldi per comprare metodi contraccettivi quindi hanno bambini che poi non possono tenere.
Passiamo un paio di giorni di attesa e facciamo i turisti a Kiev, compriamo ricordini e le compriamo dei vestiti, mutande, calze e scarpe, anche un cappello perche’ il sole le da’ fastidio, bisogna proteggerla.
Dopo tre giorni di attesa, Nina la nostra interprete, ci chiama per dirci che tutto e’ pronto per andare al tribunale e adottare nostra figlia. L’indomani all’alba partiamo per la nostra avventura finale.
Arriviamo e rincorriamo i documenti. Il giudice emette la sentenza alle 9,30. E’ un uomo austero e burbero che fa tante domande e spiega che possiamo avere la sentenza immediata solo se la bambina ha una malattia curabile solo in Italia. Noi avevamo gia’ pagato il medico perche’ dichiarasse che Alina ha un problema alla tiroide che necessita urgenti cure mediche. La sentenza e’ quindi immediata, Alina e’ un nome bellissimo e decidiamo di non cambiarlo (anche se un anno e mezzo dopo Alina ci chiede perche’!!! I compagni di classe la chiamano Gallina).
Alle 11 del giorno 13 luglio abbiamo una figlia.
Andiamo a prenderla all’Internat estivo, lei ci viene incontro felice e cinguetta come un uccellino (in ucraino…).

Si toglie i vestiti comuni e si veste con quello che le abbiamo comprato, e’ vanitosa e si piace. Abbiamo portato un kg di caramelle da regalare ai bambini e lei corre a distribuirle. Poi e’ il momento dei saluti e tutti piangono, soprattutto chi rimane indietro, povere creature.
Andiamo nella citta’ a fare il passaporto e Alina si addormenta in braccio a me, mi assale un senso di paura per la responsabilita’ di una nuova vita nelle mie mani, spero che lassu’ qualcuno mi aiuti, mamma Carmela, ne ho bisogno.
Paghiamo per avere il passaporto in un’ora, poi alla volta di Kiev, nell’appartamento per attendere i documenti ulteriori e l’ok per tornare a casa.

La bambina e’ eccitatissima, mangia molto ma si fida poco delle cose che le offriamo. E’ fanatica di MacDonald’s ahime’ e adora la pizza (meno male). E’ anche fissata con la TV, la guarda e non sente piu’ nulla, cominciano le lotte di potere per il telecomando.
Andiamo a letto, non so come riusciamo a calmarla e a farla dormire.
Ci alziamo alle 6 perche’ sentiamo un rumore e la troviamo seduta davanti alla TV spenta. Facciamo colazione e poi inizia la lotta perche’ ieri ci aveva chiesto tre cose: una Barbie, smalto per unghie e un gelato.
Cerchiamo di farle capire che i negozi aprono alle 10 ma non c’e’ verso di calmarla. Facciamo colazione e le accendiamo la Tv. Quando apro il suo zainetto e vedo il contenuto quasi piango: in 9 anni di vita questa bambina ha solo una tazzina da te’ sbeccata, un puffetto, un ombrello blu con un buco di sigaretta e un’immagine bellissima di San Nicola. Neanche un paio di mutande addosso, ma poi capisco che gli altri bambini hanno piu’ bisogno di lei.
I giorni dell’attesa per la partenza passano veloci, tra un negozio e un mercatino, una chiesa e un museo, poi incontriamo un’altra coppia pugliese che ha appena adottato una bimba di 6 anni, Yana, e ci incontriamo perche’ dopo aver preso la bambina siamo stati abbandonati dagli angeli custodi-interpreti il cui lavoro termina con la sentenza del tribunale e ci si ritrova con una bambina che non parla la nostra lingua ma riusciamo a capirci anche con l’aiuto di gesti e un dizionario.
Le bimbe diventano amiche, si cercano ogni giorno, quindi passiamo un po’ di tempo con loro.
Il 25 luglio, dopo aver ottenuto il via dall’Italia torniamo a casa. Nell’aereo ci sono circa 8 coppie con i loro bellissimi bambini, che fanno ritorno in Italia.
Questa e’ la fine dell’avventura Ucraina ma quella da genitori inizia qui. Adesso sono passati 4 anni da quella estate calda e non nascondo le difficolta’ di assestamento e adattamento ma ringrazio la nostra buona stella che ci ha portato in questa avventura a lieto fine. Chi dice che si soffre solo con il parto, anche l’adozione non scherza!!!
Giuliana Palmas

(post originale)

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