E' arrivato il momento di scrivere del mio parto.
E' arrivato il momento perchè mi sento pronta a ri-affrontare quelle emozioni così forti.
Perché sento la necessità di mettere, nero su bianco, il ricordo di quello che, per molte, è gioia e felicità e per me è stato un trauma. Perchè penso che la scrittura sia catartica, aiuti a lasciar uscire le emozioni più dolorose, permetta di sentirmi più leggera e di osservare, dall'esterno quello che mi è successo con una consapevolezza nuova, meno coinvolta. Perché, dopo innumerevoli bozze cancellate, è giusto lasciare un ricordo prima che le sfumature diventino meno chiare e confuse. Perché voglio ricordare bene cosa non voglio mai più subire nella mia vita.
Perchè da allora tutto è cambiato, e non solo "in bene".
Voglio fare una premessa che per me è importante. Ho frequentato, ligia al dovere, il corso preparto, ho letto innumerevoli libri sul parto naturale, sull'allattamento, mi sono iscritta alla leche League, ho letto il meraviglioso libro di Verena Schmid "Venire al mondo, dare alla luce".
Insomma, ero pronta ad avere un parto naturale, pieno di dolori e fatica sì, ma libero da costrizioni e medicinali, senza interferenze tra me e mio figlio!
Ero pronta ad allattarlo fino a quando ne avrebbe avuto bisogno, dandogli tutta me stessa e tutto il mio amore, attraverso il mio latte.
Sono alla 40+2 e ieri sono stata in ospedale al controllo di routine oltre il termine che prevedeva una semplice ecografia dove risulta "tutto a posto", liquido amniotico compreso.
La notte passa tranquilla ma verso le 4 (abituata ad un'insonnia terribile da 4 mesi) mi sveglio e vado a fare pipì. Torno a letto e comincio a pensare, penso e i pensieri volano nella stanza e il mio battito cresce, sale e mi sento disperatamente inquieta!
Verso le cinque cominciano i dolori. Molto forti e ravvicinati. Meno di 6 minuti ad ogni ondata. Mi siedo sul letto e, senza svegliare mio marito, vado in bagno, mi faccio una doccia e spesso mi fermo appoggiata al bordo della vasca perchè il dolore è davvero forte.
Alle 6 lo sveglio e cerchiamo di fare colazione e ragionare sul da farsi.
Le contrazioni sono abbastanza regolari, anche ogni 5 minuti.
Alle 7 chiamo in reparto e mi dicono di andare in pronto soccorso solo quando le contrazioni diventavano regolari, ogni 5 minuti.
Alle 8,30 andiamo in ps perchè non solo le contrazioni sono regolari, ma anche decisamente forti!
Io sento un po' di sollievo solo in piedi, appoggiata a qualcosa con le braccia tese e mentre ancheggio.
Arriviamo in ps dove mi lasciano senza dirmi nulla per 1 ora, nella quale non riesco a stare ferma, mi appoggio, cammino, le contrazioni sono forti e non mi danno tregua! (Ma dove sono i 15 minuti tra una contrazione e l'altra che ci hanno profetizzato al corso preparto per l'inizio del travaglio? Mai avuti 15 minuti per riposare, nemmeno 10!)
Finalmente, mi portano in reparto, mi attaccano al monitoraggio e io, quasi, non riesco a stare ferma dal dolore! Quella poltrona diventa una trappola, perchè io ho bisogno di stare in piedi! Ma non si può! Sono attaccata alla macchina e devo stare ferma, immobile. Appena l'ostetrica se ne andava tentavo di puntellarmi per tirarmi su con le altre mamme non in travaglio che mi guardavano inorridite!
Il mio bimbo non vuole muoversi e mi danno un po' di zucchero. Quando vedono i suoi movimenti e che è tutto ok decidono, comunque, di ricoverarmi perchè le contrazioni sono molto intense e ravvicinate.
Mi portano nella "mia suite" come la definisce l'ostetrica che ci accompagna senza nemmeno presentarsi! La "suite" è una stanza grigia, fredda e con solo un letto e un bagno. (Ma dove sono finiti lo sgabello, la palla, la vasca per il parto in acqua e tutte le cose meravigliose che ci avevano mostrato durante la visita alle sale parto?? Sparito tutto!)
Ci accomodiamo nella nostra meravigliosa "suite" e io sento subito il bisogno di avere silenzio, buio e tanta pace.
Il dolore è fortissimo, mi prende la schiena e mi fa tremare.
Ho bisogno di stare in piedi, di dondolarmi per sentire meno male.
Ci lasciano così fino alle 11 con qualche interruzione e commenti a sproposito, del tipo:"mettiti qui sul letto che ti dico che stai meglio!" oppure "allora? si procede?!?" o altre idiozie che voglio rimuovere.
Alle 11 arriva la ginecologa e, vedendo che sono dilatata di soli 2 cm, decide di rompermi le acque.
Mi fanno sdraiare, mio marito esce.
E' un attimo.
E tutto cambia.
Dalle mie gambe vedo uscire, a fiotti, un liquido nero come la pece.
Mio figlio galleggia dentro a quel liquido nero.
La ginecologa, esclama rivolgendosi all'ostetrica "me lo sentivo, lo sapevo!" e se ne va senza nemmeno degnarmi di uno sguardo o una parola.
Io guardo con ansia l'ostetrica e le chiedo: "cosa succede? come sta mio figlio? ci sono problemi per lui con un liquido così? cosa posso fare?".
Ho un disperato bisogno di essere tranquillizzata, consolata, abbracciata, capita.
Invece l'ostetrica mi risponde "signora, nascono lo stesso bambini con il liquido tinto 3, basta fare in fretta!!!" e se ne va.
Io sono nel panico.
Il panico più nero.
Nero come il liquido che, il mio corpo ha fatto diventare così inospitale per mio figlio. Sono disperata e impotente all'idea di comandare al mio utero di sbrigarsi a contrarsi. Non so come fare a comandare al mio collo di dilatarsi "in fretta" così, il mio bambino può nascere velocemente e senza problemi!
Io sono terrorizzata!
Mi bastava una mano sulla spalla e una parola buona, che mi tranquillizzasse.
Io ero indifesa, in balia del dolore e della paura, non in grado di essere lucida e capire oltre le parole.
Ero nelle mani di questa ostetrica che, invece che aiutarmi, mi ha sbattuto una porta in faccia e mi ha lasciata lì con la mia paura.
Mio marito ha visto il liquido nero che portavano via. E' tornato da me e ha fatto di tutto per aiutarmi, consolarmi, supportarmi. Io lo amo per questo. E' stato fondamentale e meraviglioso!
Purtroppo, da quel momento in poi, niente è andato bene.
Io ero nel panico.
Il mio corpo nel pieno dello stress più nero, figurarsi se riuscivo a dilatarmi!
Da lì in poi, ho visto almeno quattro ostetriche diverse, tutte con modi diversi di trattarmi tra cui una se l'è anche presa perchè non le avevo detto che non avevo l'entrata per la flebo! incredibile! Come se spettasse a me!
Da lì in poi altre sei ore di travaglio con ossitocina, monitoraggi, epidurale e altre manovre.
Mi hanno costretta a letto con il monitoraggio e io che avevo bisogno di stare in piedi, morivo dal dolore!
Poi mi hanno proposto l'epidurale perchè non ce la facevo più.
L'anestesista mi ha bucata sei volte prima di trovare la sede giusta dove iniettare. Piegata, con la schiena tesa e dovevo stare immobile anche se arrivava la contrazione perchè lui doveva bucarmi.
Dopo l'epidurale e, con l'ossitocina attaccata, i battiti del mio bimbo hanno cominciato a calare.
Io e mio marito, soli, in quella stanza maledetta, guardavamo il monitor con i battiti di nostro figlio scendere, scendere, scendere e arrivare a meno di 50.
Terrorizzati ci attaccavamo al campanello per chiamare l'ostetrica che non arrivava!
Dio mio, il mio bambino sta male.
Io non posso fare niente.
Il terrore si è impossessato di me!
Dopo diversi minuti, in cui il battito scendeva, saliva, scendeva e rimaneva basso, un'ostetrica si è degnata di venire a capire perchè suonavamo così tanto.
Visto il monitor ha chiamato un'altra ostetrica e, davanti a me, si sono messe a bisbigliare molto preoccupate. Non potevano farlo fuori? Non davanti a me? In modo da non farmi capire che qualcosa davvero non andava? Oppure, potevano anche spiegarmi come stavano le cose tanto, dentro di me, sapevo, che sarebbe stato solo un peggiorare...
Poi sono sparite e solo dopo altri interminabili e tremendi, minuti, sono riapparse con la ginecologa che ha sentenziato: "cesareo d'urgenza!"
E io mi sono sciolta in un pianto terribile, affranta, arresa, fallita, angosciata.
Non volevo arrivare ad un cesareo.
Volevo partorire mio figlio con le mie forze.
Come tutte le madri.
Dopo 12 ore di travaglio, alle 17,00 mi hanno preparata, portata in sala operatoria, l'anestesista mi ha fatto una bella dose di spinale, nemmeno il tempo di sentirlo dire ai chirurghi: "aspettate che non ha ancora fatto effetto", le mie gambe si muovevano ancora che...
...delle mani asettiche mi hanno tolto mio figlio dal grembo.
Alle 17,05 mio figlio è nato.
Io urlavo che lo volevo vedere.
Perchè non piange?
L'ostetrica me lo avvicina al viso.
E io riesco solo a dargli un bacio fugace su una guancina che me lo portano via.
Io avevo bisogno di stringerlo tra le mie braccia, di mettermelo pelle contro pelle, di sentire il suo odore appena nato, di attaccarlo al seno.
Niente di tutto ciò. Lo hanno portato via per fare dei controlli e non l'ho più rivisto se non dopo quasi 24 ore.
Mi hanno ricucita, parcheggiata da qualche parte mentre tremavo dal gelo dell'anestesia, ho riabbracciato mio marito e poi mi hanno portato in reparto.
Ero stravolta e volevo vedere mio figlio!
Ma in reparto mi hanno detto che non lo avrei rivisto prima di 6 -8 ore perchè dovevano fare dei controlli.
Ho passato la notte a piangere e ad immaginarmi com'era il mio bimbo.
A pensare di poterlo stringere, toccare, annusare.
La mattina, prestissimo, ho cominciato a sentire le culline che arrivavano dal corridoio e che andavano ciascuna dalla sua mamma.
Io aspettavo la mia cullina, con mio figlio dentro.
La mia non arrivava.
E' arrivata la bimba della mia vicina di letto, quella della camera di fianco ma il mio no.
Mi sentivo come Mamma Jumbo nel cartone "Dumbo" che aspetta, proboscide alzata, il suo fagottino dal cielo, con dentro il suo cucciolo. Ma non arriva.
E nemmeno il mio è arrivato.
E io piangevo, chiamavo le infermiere per sapere quando me lo avrebbero portato o almeno sapere se stava bene, se c'erano problemi, visto che non sapevo nulla di lui dal parto.
Le infermiere mi dicevano che non riuscivano a comunicare con il nido e che presto me lo avrebbero portato. Tutte bugie.
Tutto questo è andato avanti fino al passaggio del primario per la visita di controllo.
Alle 11,30. Dopo 18 ore e mezza passate senza di lui.
Quando mi ha visitata e mi ha chiesto se andava tutto bene, io, in lacrime, gli ho detto che no, non andava per niente bene perchè non avevo ancora visto il mio bimbo!!!
Lui, un po' alterato, ha rimproverato le infermiere dicendo loro di portarmelo subito.
Anche perchè, ho saputo solo dopo che il mio bimbo non aveva nulla! Aveva un Agpar 9-10 e non c'era motivo di tenerlo così tanto tempo in osservazione!
Finalmente, alle 14 me lo hanno portato. Dopo 21 ore senza di lui. Senza avere nessuna notizia di lui.
Quante calde lacrime ho versato su quel visino paffuto!
Il mio bimbo tra le braccia, finalmente!
Lui stava bene!
Era lì con me!
Perdonami, piccolo mio, se ti ho fatto aspettare, la tua mamma, adesso è qui con te!
Da lì sono cominciate altre difficoltà.
Il dolore della ferita del cesareo mi aveva resa incapace di fare anche i più stupidi movimenti.
Ma io avevo bisogno di muovermi, di prendere il mio bimbo tra le braccia, di attaccarlo al seno! Era una tortura!
I letti del reparto non avevano nessuna facilitazione per aiutarmi a tirarmi su e riuscire a tenerlo in braccio.
Allora cercavo tutte le mie forze, mi concentravo su di lui tentando di annullare quel dolore sordo. L'ho tenuto attaccato al mio seno sempre. Tutto il giorno. Lui si attaccava ma piangeva disperato perchè di latte non ce n'era nemmeno una goccia!
Ho proibito alle ostetriche l'aggiunta di qualunque tipo, inclusa la glucosata, perchè sapevo che altrimenti c'era il rischio che lui non si sarebbe più attaccato a me. Lui piangeva disperato per la fame e io con lui.
Il giorno dopo il cesareo abbiamo fatto una scelta che non rifarei. Rimanere da sola. Mio marito è tornato al lavoro perchè aveva poche ferie e così le avrebbe tenute per l'estate. Niente di più sbagliato! Io avevo bisogno di aiuto! Qualcuno che mi passasse il bimbo, mi aiutasse a stare dritta, lo cambiasse per me.
Ho tentato di fare come meglio riuscivo anche se era davvero faticoso e doloroso! Quella maledetta ferita non mi dava pace!
Ad un certo punto ho visto il mio bimbo rigurgitare nella sua cullina, di fianco la mio letto e mi sono lanciata, di scatto, per girarlo perchè avevo paura che potesse soffocare. Un dolore sordo e lancinante alla pancia mi ha quasi fatta svenire.
Ero incapace di compiere anche i più elementari movimenti. Il cesareo, oltre a privarmi della nascita di mio figlio, mi aveva anche reso disabile.
L'ultima notte prima delle dimissioni me lo hanno lasciato in camera. Io ero felice perchè potevo stare più tempo con lui. Il mio bimbo, però, era affamato! Ha pianto per delle ore e io camminavo in su e giù, nel corridoio semi-buio del reparto, per farlo calmare ma lui urlava la sua fame! Urlava alla ricerca del latte che io non potevo dargli! La montata mi è arrivata, causa stress, dopo più di 10 giorni. Ma era troppo tardi.
Per poterlo attaccare sempre, quella notte, ho dormito seduta su una sedia vicino al mio letto. Le infermiere che passavano, mi sgridavano, mi rimandavano a letto e io, appena se ne andavano, tornavo sulla sedia per poter attaccare il mio bimbo al seno. Alle 4, disperata, sfinita e arresa ho chiamato il nido per venire a prendere il mio bimbo che io non riuscivo a calmare in nessun modo. Non riuscivo a soddisfare il suo bisogno primario: nutrirsi. E io, sfinita dalla stanchezza, non sapevo più cosa fare.
Finalmente è arrivato il giorno delle dimissioni e siamo tornati a casa.
A casa si è ripetuta la stessa storia: per 7 giorni dalla sua nascita io ho tentato in tutti i modi di allattarlo, senza , purtroppo avere il latte. Lui urlava, io piangevo su di lui e soffrivo perchè mi stava massacrando il capezzolo nel tentativo di nutrirsi.
Al settimo giorno, mi sono arresa.
Mia madre mi ha portato un biberon di latte artificiale.
Lui lo ha bevuto, finalmente sereno e sazio. Io, nuovamente fallita, piangevo.
Dopo 10 giorni, circa, mi è arrivata la montata lattea ma era troppo tardi: mio figlio non ha più voluto attaccarsi al mio seno. Era troppo comodo il biberon. Non voleva più il mio latte, ormai.
In tutto questo ho collezionato due grossi fallimenti: non sono stata in grado di partorirlo e nemmeno di allattarlo.
Sono due macigni che mi tolgono il fiato, mi fanno piangere lacrime amare e non mi danno pace da 16 mesi a questa parte.
Forse questo scrivere mi aiuterà a metabolizzare meglio tutto questo dolore.
Forse ho bisogno anche di un po' di tempo in più per riuscire a chiudere e a mettermi in pace con questo mio trauma.
So solo che, a causa di tutto questo, i primi mesi di vita con mio figlio, sono stati inquinati da una tristezza che avrei potuto non attraversare.
E mi sono sentita per tanto tempo una Mezza-Mamma.
Nessuno mi ridarà le prime ore di vita di mio figlio che mi sono persa.
Nessuno mi ridarà la possibilità di nutrirlo con il mio corpo.
Nessuno mi potrà ridare indietro i primi mesi con lui da vivere in serenità."
Elisabetta (post originale)
elisabetta, che tristezza e che rabbia leggere la tua storia, un'altra storia in cui un'assistenza più attenta a te e al tuo piccolo, avrebbe potuto mitigare la delusione e le fatiche di un taglio cesareo inaspettato!
RispondiEliminaNon sei tu ad essere "mezza" ad aver fallito, sei una delle tante vittime di un'assitenza incompleta, disumana.
L'unica cosa che posso dirti, da ostetrica, è che le ore di travaglio che hai passato sono comunque servite al tuo bimbo per "avvisarlo" che di lì a poco sarebbe nato, che le contrazioni forti lo hanno "massggiato" favorendo il passaggio dlala vita demtro di te alla vita fuori, tanto che alla nascita stava benissimo. Detto in altre parole, quello che hai potuto fare l'hai fatto sino in fondo.
Lo scenario di un cesareo in travaglio e di un successivo allattamento avrebbe potuto essere molto diverso,non per colpa tua, ma pèer l'assitenza oscena che hai ricevuto.
Riparti da qui, pensa che per il tuo bimbo hai fatto il massimo possibile, nonostante tutto, che questa esperienza può permetterti, se ne avrai desiderio in futuro, d vivere una nuova maternità cercando un luogo e delle persone che ti garantiscano di non avere un tratatmento così allucinante. Non so se te la senti, ma sarebbe importante per chi legge, sapere dove hai partorito.
I racconti come il tuo servono tanto a nche anoi ostetriche per ricordarci quanto dolore può causare la nostra insensibilità e noncuranza.
Ti abbraccio
Marisa
Grazie Marisa del tuo commento! Ho comunicato privatamente le mie impressioni ad Elisabetta. Qui invece vorrei dire che c'è molto da interrogarsi sul significato della parola *comunicazione* in un contesto medico. Anche se immagino sia molto faticoso e difficile per i sanitari empatizzare con tutte le partorienti, bisogna anche sapere che cosa vuol dire non farlo.
RispondiEliminaGrazie, Marisa, per le tue parole.
RispondiEliminaIn questo momento se penso ad un'altra gravidanza mi vengono i brividi di terrore!
Non ti nascono che questa vicenda mi ha segnata nel profondo, non so se riuscirò anche solo a pensare di ritrovarmi in una situazione simile!!!
Certo, la consapevolezza sarebbe maggiore e forse sarei più forte ma la paura, adesso è davvero troppa.
La mia idea iniziale era addirittura partorire a casa, perchè non c'era luogo migliore per il mio parto "naturale", ma mi sono lasciata convincere per l'ospedale da chi mi profetizzava gravi rischi e pericoli. Figurarsi adesso con un cesareo alle spalle, sarà praticamente impossibile!
Ciao Eli
RispondiEliminadi nuovo, benvenuta. Vorrei dirti di non farti prendere dallo sconforto: Marisa mi correggerà, ma credo che un liquido tinto lo avresti avuto anche a casa tua, quindi saresti comunque dovuta correre di picchiata in ospedale, e forse avresti perso tempo prezioso per la salute di tuo figlio. Seconda cosa, ormai il parto naturale dopo cesareo è una realtà in molti ospedali, io stessa ho raccolto diversi racconti qui nel blog (tag "vbac" che sta per vaginal birth after cesarean). Se e quando ti tornerà la voglia di avere un figlio, farai le tue valutazioni e magari cambiando ospedale ne troverai uno dove l'assistenza è più a misura di utente! Un grande abbraccio :)
Vorrei invece dire una cosa a proposito del "dire dove hai partorito"
RispondiEliminaPer scelta personale, in tutti i racconti che pubblico ometto il nome dell'ospedale (e dei medici & ostetriche, quando ci sono) per evitare che si vengano a creare "aloni" sull'operato di una struttura intera, che voglio sperare nei casi più gravi censuri l'operato del singolo.
Sono persuasa che il buon nome di un ospedale lo diano le statistiche (quanti tc, quanti parti operativi, quanti parti indotti ecc.). Il feed-back degli utenti secondo me non può essere lasciato all'informazione di bocca in bocca perché le variabili sono tantissime, ma dovrebbe essere raccolto
1) dall'ospedale stesso con questionari anonimi
2) in siti dedicati. Per questo ho linkato la pagina al sito www.qsalute.it. Preciso che io non c'entro nulla con quel sito e non me ne viene in tasca nulla se viene usato: ma come io per scegliere un albergo online posso servirmi delle valutazioni utenti, credo che lo stesso principio sia applicabile agli ospedali. Quando le testimonianze saranno numerose, allora potrò dire: l'ospedale X ha l'80% di pareri positivi, oppure l'ospedale Y ha il 40% di pareri negativi. Questo ovviamente non dice tutto, ma dice sicuramente una cosa: il modo in cui gli operatori sono "proiettati" o meno verso l'utente,il modo in cui lo assistono. Un'assistenza tecnicamente ineccepibile ma fredda e impersonale mi può salvare la vita ma specie nel contesto di un parto mi può lasciare tanto freddo dentro. Quello di Eli mi sembra proprio un caso del genere. Lo dico pur essendo consapevole della fatica che può fare un operatore a contatto con il dolore e con i rischi di un parto.
Ciao, scusa il mio intervento, ma solo ora ho letto il tuo post e scoperto così il tuo blog!
RispondiEliminaSai, mi hai fatto piangere... sebbene più rocambolesca e pesante, la tua esperienza mi ricorda molto la mia e la nascita di mio figlio... purtroppo, anche questa esperienza ha contribuito alla mia depressione... che si manifestata molto tempo dopo, ma che ho risolto... comunque un abbraccio sincero.
Baci Federica
Anche io delusa dal tc d'urgenza e, sbaglierò, ma penso che bisognerebbe interrogarsi su tutto questo senso di fallimento che circonda il cesareo e che arriva a condizionare così pesantemente le nostre vite - come se già l'accudimento di un figlio non fosse una bella prova di per sè. Da che cosa ci viene quest'idea di fallimento? E' un pensiero nostro, oppure è qualcosa che ci viene inculcato dalla società?
RispondiElimina@close the Door: hai scritto una riflessione illuminante sul cesareo, grazie. Con le tue poche parole mi hai aiutato a fare pace con me stessa
RispondiEliminaCara Federica
RispondiEliminabenvenuta e grazie della visita. Il racconto in realtà non è mio, sto raccogliendo testimonianze di nostre coetanee su questa esperienza. Complimenti e auguri comunque per tuo figlio e per essere venuta fuori dal tunnel della depressione! Se avrai voglia di raccontare, sono qui.
Ciao CloseTheDoor
la domanda è apertissima, io stessa non saprei dare una risposta. Forse entrambe le cose. Ma di certo l'Oooooh di compatimento che può seguire un cesareo, non aiuta.
Cara Matrioska
benvenuta! Mi fa tanto piacere se parlare qui può servire a far sentire meglio :)