mercoledì 31 marzo 2010

il mio parto

Perché raccogliere testimonianze sull'esperienza del parto?

Quando sono rimasta incinta, la felicità di portare in grembo la mia creatura è stata totalizzante. I mesi sono passati fra l'emozione di sentire questo uccellino che frulla nella pancia, vedere le ecografie, questa specie di immagini dallo spazio in cui la tua creatura somiglia a un piccolo alieno, dove ti spiegano cosa come dove quando sta crescendo e se va tutto bene, le ansie legate alla prosecuzione "fisiologica" della gravidanza, in cui si raccolgono notizie su cosa fare e cosa non fare perché tutto vada al meglio. Parenti e amiche ti coccolano e ti riempiono di racconti e consigli.
Man mano che la 40 settimana si avvicinava, però, ho realizzato che mi confrontavo con un vuoto di parole. Quando sei bambina sei troppo piccola e ti viene spiegato che il bambino ha "una porticina, che aprirà quando sarà il tempo". Quando cresci, nei film ci sono donne che urlano con voce stridula nelle situazioni più improbabili e tua mamma ti spiega che "non è proprio così". Quando sei diretta interessata, confidi nel corso preparto, dove le ostetriche fanno del loro meglio perché tu arrivi al dunque "con occhi da tigre", come avrebbe detto l'allenatore Julio Velasco, ma intorno a te rimane un non-detto, allarmante: istintivamente senti che parenti e amiche non parlano per lasciarti tranquilla. Florence Foresti, nel suo ultimo spettacolo, sostiene che "se si dicesse tutto del parto, l'umanità si estinguerebbe nel giro di due generazioni". Il tuo compagno ti rassicura ma sai che è comprensibilmente terrorizzato pure lui all'idea di trovarsi in una situazione stile "Alien", quando, solo una generazione fa, sarebbe rimasto fuori ad aspettare. All'approssimarsi dell'ora X cominci a fare sogni stranissimi e sei presa dall'effetto "macchimmelhafattofà", e sei combattuta se guardare o no i filmini che qualcuno ha la grande idea di caricare su YouTube.
Quando finalmente ci sei passata, hai vissuto un'esperienza talmente difficile da rendere a parole che capisci perché le tue parenti e amiche mamme ti raccontano solo adesso della loro esperienza. Quando ci sei passata, la presenza di tuo figlio impone altre domande, a cui non hai sempre tempo di riflettere. Forse hai anche voglia di dimenticare qualcosa. Quando ci sei passata, la gioia di avere un figlio riveste tutto, eppure vorresti parlare con la tua amica incinta, magari per evitarle qualche errore, ma non sai bene come fare.

Perché è un argomento difficile ed intimo, su cui scrivono ginecologi, psicologi, ostetrici, giornalisti, ma si sente pochissimo la voce delle dirette interessate: che cosa temono, che cosa desiderano, che cosa avrebbero desiderato.

Questo blog vorrebbe essere uno spazio solo per loro: per le donne che hanno avuto parti spontanei, indotti, cesarei, in ospedale, a casa. Ma anche per le donne che hanno partorito con la testa (e il cuore!) attraverso un'adozione, e che con le mamme cosiddette "biologiche" condividono forse lo stesso senso di inadeguatezza che ci attanaglia tutte. Per le donne che vogliono condividere un istante meraviglioso. Oppure sfogarsi per qualcosa che poteva, doveva andare meglio.

Chi ha voglia di scrivere il suo messaggio nella bottiglia, può scrivermi all'indirizzo maiacalenda (AT) gmail (PUNTO) com. Il racconto sarà pubblicato in forma anonima.