Cara L****,
voglio raccontarti la tua
nascita. Approfitto di questo pomeriggio mite di gennaio, in cui tu sei uscita
con tua nonna a fare una passeggiata, per scrivere che cos'è successo quel
giorno. Era un giorno normale, ma per noi è stato speciale.
Comincio dal 31 ottobre 2011.
Comincio dal 31 ottobre 2011.
È mattina e mi sveglio sapendo
che, per l'ennesima volta in nove mesi, devo raccogliere la pipì nel vasetto di
plastica con il tappo rosso. Più tardi, io e tuo padre F******** dobbiamo
scendere in città per farla analizzare assieme al campione di sangue che, per
l'ennesima volta, mi devono prelevare. Quando arriviamo in Via I* N*******,
però, mi accorgo di averlo dimenticato a casa. Devo andare in bagno e fare di
nuovo la pipì.
Nella stessa mattinata ho
prenotato la visita dalla ginecologa. I risultati delle analisi non saranno
pronti, lo so, ma non importa: tutto è sempre stato nella norma e mancano
ancora dieci giorni alla data prevista per la tua nascita. Ho l'impressione,
tra l'altro, che la dottoressa D******** sia fissata con la misurazione della
pressione: me la trova immancabilmente troppo alta e mi invita sempre a
misurarla in farmacia. Non lo faccio mai, io. Non ci do peso. Infatti, quella
mattina, è alta; sostengo che sia colpa dell'agitazione. Poi, però, si scopre
che al laboratorio analisi hanno già verificato la mia pipì (di seconda scelta)
e hanno trovato le "proteine alte". Continuo a pensare che non ci sia
nulla di grave: d'altra parte, una pipì di seconda scelta deve pur avere
qualcosa di guasto. Insomma, non mi convincono. Non mi convincono neanche i
gesti che rivolge la ginecologa a Francesco: picchietta la mano destra con la
mano sinistra, di piatto, per significare l'esclamazione «Su, su, àndale (in
ospedale)»! Mi firma infatti un foglio bianco in cui mi si prescrive il
ricovero per "gestosi gravidica" e mi congeda con la frase: «Fatemi
sapere come è andata».