venerdì 30 settembre 2011

"Ciapte a la bara!"

Mia mamma andava in Francia a fare la nunù, la baila. Come aveva un figlio lo lasciava qui alle nonne. Da qui ne andavano tante in Francia a fare la nunù.

Ah, ne sapevo niente quando sono diventata fiütta. Sono corsa da mia mamma, e lei mi ha detto: "Eh, so chì l'é pa niente, faruma tüte parei. Vate pöi nen a bagné i pé" (1). E basta. Invece adesso... Una bambina alta così le hanno già detto tutto, tutto, tutto. E' scandaloso adesso.

Io avevo poi già vent'anni, 'ste donne compravano tutte in casa, e mia mamma mi dice: "Vieni con me, andiamo da Anin che è qui sotto, le hanno portato un bel fiet". Entriamo nella stalla, 'sta povera donna era coricata sulla paglia, accanto aveva il bambino con la testa lunga lunga, e c'era una vicina di casa che spingeva, che premeva la testa lunga del bambino con uno straccio. Io ho detto a mia mamma: "Ohmi, che testa lunga che ha". "E ben, l'hanno trovato sotto un mucchio di fascine, l'hanno dovuto tirare per la testa. Ma premendo con lo straccio piano piano viene normale". Io mi chiedevo: "Ma perché si coricano 'ste donne quando le portano un figlio?" Ma non osavo parlarne.

E quando mi sono sposata? Eh, ieru fola. Glielo giuro in confessione neh, il mio uomo è qui che ascolta, non sapevo che cos'era un uomo, ecco. Dopo dieci giorni non avevamo ancora fatto niente. Lui era brusco, ed io cosa ne potevo... E' che proprio non riuscivo. Sono andata da mia mamma, e piangevo, piangevo: "Mi vun via, mi me scapu" (2). E lei mi ha detto: "Cosa vuoi farci? Devi avere pazienza, tanta pazienza".

Mi sono sposata, e non sapevo che le donne dovevano avere i bambini, credevo li trovassero. E' così. Poi sono andata dalla mia vicina di casa, da un'amica, che mi ha detto: "Oh, lu diau a l'é pöi pa brüt cuma lu fan" (3), e non ha aggiunto altro.

Ed il primo parto? Avevo lavorato fin che avevo sentito i dolori, avevo tanta paura. Oh per carità, sentivo che sarebbe andato male. Ero coricata sulla paglia, con il lenzuolo delle vacche sotto, ieru süita pei den buc(4), soffrivo tanto, come facevo ad avere il bambino... Imploravo: "Andate a prendere una levatrice..." E la suocera che mi ripeteva: "Io ho sempre fatto tutto da sola e ne ho comprati quindici". Hanno poi appeso una barra ad una corda: "Ciapte a la bara"(5), urlava la suocera. A forza di aggrapparmi alla barra mi sono rotta quattro denti e l'anello d'oro da sposa.

Eh, era così. Mi hanno lasciata gridare tre giorni e tre notti. E poi la bambina è nata morta, asfissiata.




Margherita, classe 1898


(Nuto Revelli, L'anello forte. La donna: storie di vita contadina, Torino, Einaudi, 1985, pp. 226-227).


(1) "Eh, non è niente, faremo tutte così. Non andare poi a bagnarti i piedi"
(2) "Io vado via, io scappo"
(3) Oh, il diavolo è poi mica brutto come lo fanno"
(4) Ero asciutta come un caprone.
(5) "Aggrappati alla barra"

4 commenti:

  1. ecco... nel 2008 l'osterica mi disse di "aggrapaprmi alla testiera del letto".
    100 anni son passati quasi e poco è cambiato?
    :)

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  2. Ciao Gekina, oggi però la suocera andrebbe in prigione per non aver chiamato l'ostetrica ;)

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  3. Un pugno nello stomaco, altro che Tarantino.
    Grazie Maia.

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  4. La mia ostetrica, quando arrivò nella condotta di montagna nel 47, trovò che le suocere e comari varie la chiamavano solo se c'era qualcosa che non andava nel parto, sennò facevano loro. Solo che se c'era qualcosa che non andava, lei arrivava troppo tardi, mica c'erano le macchine e le strade asfaltate, e poi mica se ne accorgevano subito. Così lei fece sapere in giro che se la chiamavano subito non le avrebbe fatte pagare, e altrimenti sì.
    E l'usanza cambiò come d'incanto.......

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