domenica 22 settembre 2013

c'è sempre un buon margine per recuperare

il 24 febbraio del 2006 il mio piccolo Alberto decide con 3 giorni di anticipo sul termine che è giunto il momento di scoprire il mondo e....con un calcetto rompe il sacco amniotico, iniziano le contrazioni e per me accompagnate da un vomito continuo che non mi lascia tregua, sono le due di notte, dopo un paio d'ore dall'inizio del travaglio io e mio marito capiamo che è arrivata l'ora di andare in ospedale.

arrivata in ospedale la dilatazione è di soli 4 cm..."come solo di 4, sto male come una bestia..." urlo, mi dimeno, continuo a vomitare e supplico che mi facciano l'epidurale (mai lo avrei pensato prima di essere in travaglio...ma l'anestesista non è reperibile e mi propongono di entrare "in vasca"....io sul momento urlo che no, non me ne frega niente della vasca, volgio l'epidurale!!!!! mio marito, non so bene come, santo uomo invece riesce a ricordarmi che fin da quando ci siamo conosciuti sognavo di partorire in acqua e scherzando mi ricorda che Alberto nasce sotto il segno dei pesci quindi.....
allora "ok ok, riempite la vasca"
dopo 10 minuti mi infilo tra una contrazione e l'altra nell'acqua a 37 gradi, una favola....non mi sembra nemmeno più di essere in travaglio, come per magia le contrazioi sono meno forti....eh già, addirittura si fermano...
panico... il bambino soffre...bisogna uscire dall'acqua...
panico...
improvvisamente la sala parto si riempie di gente...ostetriche, capo ostetrica...ginecolo ga....mai bello che un ginecologo si affretti per raggiungerti in sala parto se non lo hai chiamato tu per affetto o amicizia....

ok, la dilatazione c'è, siamo pronti, ma le spinte?!?!?!

sabato 7 settembre 2013

me l'hanno accostato al viso

Oh ma che fine ha fatto Nina?
Niente, tuttapposto, si è solo trasformata in un distributore automatico di latte.
 Sai com'è quando si segue il regime della Tetta On Demand no? No. O meglio lo immaginavo, per sentito dire, ma passarci è tutta un'altra storia. Io non credevo sarebbero state così dirompenti queste prime 'quasi 3 settimane'.
Ci devi passare per capirlo, davvero. Non c'è più spazio per altro che non sia lui. Non c'è più tempo per me, per noi. Io non esisto più, ora c'è solo lui coi suoi bisogni. Sembra retorica, una bella frase fatta, ma è proprio così. E i primi giorni non sono stati affatto facili, no, per niente.
Ho avuto attimi di vero sconforto, ore di terrore puro, di incapacità di gestire lui e le mie emozioni. Volevo fuggire, mollare tutto. Ma poi restavo sempre perché dentro, in fondo al cuore, so che è così che deve andare, che è tutto normale.
E poi c'era Lui al mio fianco a sostenermi e a smezzare la terribile fatica che un esserino così minuscolo comporta. Chi l'avrebbe mai detto che pochi centimetri di bimbo urlante e fagocitante potessero mettermi così in crisi.
Sono tornata a casa dall'ospedale e in contemporanea mi ha fatto visita una Montata Lattea stratosferica.
Piangevo dal dolore. Simone piangeva per la fame e io dietro a lui perché avevo le tette così gonfie che non riuscivo ad attaccarlo. Volevo morire. Ero sola con la mia incapacità e non sapevo cosa fare. Ero terrorizzata. Da tutto, anche dalle mie reazioni. Questo stato emotivo è durato per diversi giorni.
Di tanto in tanto è venuta l'ostrica a darmi una mano, consigli utili, strategie e modalità per far fronte a tutti i problemi grandi e piccoli, le paure, i dubbi e soprattutto per aiutarmi ad avviare l'allattamento.
Che tu pensi sia una cosa naturale, che viene da sè, invece no, devi lavorarci su: posizione e attacco.
Ricordo il mio senso di inadeguatezza. I voglio la mia mamma. Il sonno, che si accumula notte dopo notte. Lui che non vuole altro che il mio seno, senza soluzione di continuità e io bloccata per ore ed ore, senza poter fare altro, nemmeno pisciare.
E poi le ragadi, i capezzoli che mi fanno urlare dal dolore. Allattare doveva essere un idillio e si trasforma in un incubo. E' tutto così difficile, a tratti impossibile e non era così che lo avevo immaginato. Avevo in mente qualcosa di più naturale e immediato, ma quello, ora lo so, viene dopo.
Prima c'è la conoscenza, lenta, l'adattamento agli enormi sconvolgimenti. Il metterti a disposizione, completa, totale. Annullarti, dimenticare i tuoi bisogni, tutti e imparare a posticiparli. Andare al bagno, mangiare, bere, dormire, tutto secondario. Prima viene lui. Imparare anche a demandare, a chiedere aiuto, ad ammettere che da sola no, non ce la puoi fare. E piangere ancora e ancora e chiederti perché non ti sta scoppiando il cuore dalla gioia come avevi sognato. I sensi di colpa, se piange, se è nervoso, se si agita è colpa mia. Non lo amo abbastanza. Io non sono abbastanza. Ma l'amore assoluto e puro, anche quello viene dopo. Almeno per me è arrivato adesso. Adesso che sto trovando un nuovo equilibrio, fatto di scelte attive e accettazione dei miei limiti. Adesso che mi sento più sicura e il seno non fa più male e riesco a nutrirlo senza soffrire. Adesso che ogni tanto lui dorme di più e riesco a riposare. Adesso che usciamo, passeggiamo. Adesso che lui sembra guardarmi e interagisce e sorride. Adesso che, dopo l'uragano, io comincio a rendermi conto davvero, a realizzare. Adesso che lo guardo e penso che mi sto innamorando di un amore sconosciuto e folle, che sale e cresce piano piano, come la marea.
 E mi inonda il cuore.

 Non ho avuto un parto semplice. Non ho avuto il parto che avevo desiderato. Ma si impara anche questo, guardando il proprio capolavoro: a capire che è secondario, che quel che conta davvero è averlo qui sano e salvo. Lui 4,4oo kg alla nascita, per 53 cm di lunghezza.