venerdì 10 settembre 2010

se solo qualcuno avesse dato retta al mio ginecologo

Cara Maia,

vengo dal forum di Alf e solo ora mi decido a trovare il tempo per raccontare il mio parto...sono passati due mesi e mezzo, e io psicologicamente sono sempre più a pezzi.
Premetto che la mia prima figlia era nata morta a 7 mesi dopo una gravidanza complicatissima...per questo motivo il mio ginecologo aveva fatto il possibile perché questa volta andasse tutto per il meglio, sapeva che psicologicamente non avrei retto un'altra botta del genere.
Arrivata sulle 37 settimane ha iniziato a pensare che la bimba fosse troppo grande per la mia corporatura, e mi ha mandata in ospedale con una richiesta di valutazione per induzione anticipata o tc per evitare problemi nel travaglio a termine. Purtroppo il mio ospedale vanta il tasso più basso di TC della zona e va molto fiero di questo primato,
quindi le richieste del mio medico sono state bellamente ignorate. Fra le altre cose avevo poco liquido, quindi ho trascorso le ultime settimane a fare monitoraggi quasi ogni giorno fra mille preoccupazioni. A 39+4 ho trovato una dottoressa che ha ritenuto folle che mi avessero mandata così avanti con la gravidanza, vista la precedente esperienza, quindi mi ha fissato il ricovero per induzione di lì a un paio di giorni.

Con la prima applicazione di gel sono partiti dei dolori, ma del tutto sopportabili, mentre con la seconda ho iniziato a stare veramente male. Aspettavo che diventassero regolari per andare in sala travaglio, ma non lo erano, nonostante il dolore insopportabile e sempre crescente. Alla fine mi hanno visitata e hanno constatato che mi stavo ugualmente dilatando (infatti ho partorito ancora con contrazioni irregolari). Il travaglio è stato a dir poco precipitoso, l'ostetrica era incredula...io dicevo che dovevo spingere e lei rispondeva che era impossibile, ma vista la mia insistenza mi ha visitata nuovamente e ha constatato che ero di 9 cm e la testa premeva per uscire. Poi ha notato che qualcosa non andava nel monitoraggio, ha chiamato la dottoressa e, dopo un paio di spinte, mi hanno portata nella sala delle urgenze, mi hanno messo l'ossigeno, hanno chiamato altre ostetriche e personale della neonatologia e nel frattempo io gridavo con una voce che non mi sembrava nemmeno la mia, mi sentivo gridare come se fosse stata un'altra donna a farlo. Il dolore era disumano, non credevo di poter soffrire così senza svenire, eppure non svenivo e restavo consapevole di tutta quella sofferenza. Era atroce, insopportabile, ottenebrante... Mi dicevano che dovevo spingere, e gli ho risposto gridando in preda alla paura, al dolore e all'esasperazione che stavo spingendo, ma la bambina non usciva perché non ci passava, che era troppo grande e la dovevano tirare fuori loro. Gli dicevo di tirarla fuori loro perché io non ci riuscivo, avrei voluto un cesareo, ma era troppo tardi, il suo battito scendeva sempre più...con l'episio è uscita la testa, ma la bimba era girata male e incastrata, non sono riusciti a fare la manovra per girarla e hanno usato la ventosa per non rischiare che morisse lì fra le mie gambe...con la ventosa lei è uscita, ma con la spalla mi ha lacerato tutto...tutto fuori e dentro, fino all'intestino retto. La bimba non piangeva, me l'hanno portata via di corsa e ho avuto il terrore che anche questa volta, tutta questa sofferenza fosse stata per nulla...poi me l'hanno riportata, stava bene, ma l'ho vista pochissimo perché mi hanno dovuta portare in sala operatoria, dove mi hanno ricucita per un'ora e mezzo.

Ero sotto shock, ma quando il mattino dopo mi hanno portato la mia piccola ho trovato la grinta per affrontare la ripresa. Penso che se fosse stato solo questo adesso starei molto meglio, ma i medici non avevano ancora finito con me.

Purtroppo mi hanno spiegato che non potendo andare di corpo, la cosa migliore sarebbe stata un'alimentazione in vena per 10gg, e per somministrarmela occorreva inserire un catetere in una vena centrale. Mi hanno mandata di nuovo in sala operatoria dove un'anestesista è andata per tentativi facendo danni incredibili. Al primo buco ho iniziato a urlare, mi faceva malissimo, sentivo premere contro qualcosa che sicuramente non era una vena, l'ho detto più volte, "Mi avete beccato un'altra cosa, mi fa troppo male fino alla schiena, smettete!!", e invece continuavano. Poi si sono resi conto di aver sbagliato qualcosa e hanno fatto altri 2 tentativi. A un certo punto è entrato un collega che ha voluto "dare una mano", alzando la voce con me perché ero troppo piccola e non c'era spazio di manovra nel mio collo e perché deglutivo...mi ha anche rimproverata dicendo che in genere lui esegue quell'operazione su pazienti in anestesia totale...ma è colpa mia se a me lo hanno fatto a mente serena, senza nemmeno anestesia locale (come prevederebbe la procedura)??? Io piangevo con la testa coperta da un telo, e anche dopo l'inserimento
(al quinto tentativo) ho continuato a dire che mi faceva male la schiena in alto e che mi sentivo strana a respirare...ma mi hanno ignorata.
Tornata in reparto ho segnalato la cosa, ma mi hanno detto che dalla lastra di controllo era tutto ok...io ho spiegato che, secondo me, visto che la lastra era eseguita per controllare il posizionamento del catetere a sinistra, il radiologo forse non aveva esaminato accuratamente anche il polmone di destra, anche perché non era nemmeno stato informato dei vari tentativi effettuati. Niente da fare, e nel frattempo io respiravo sempre più a fatica...solo alle 8 di sera convinco quelli del nuovo turno a farmi fare una nuova lastra, ed ecco che arrivano le brutte notizie: l'idiota aveva perforato il polmone,
era entrata aria nella cavità pleurica, e il polmone stava iniziando a collassare. In poche parole mi spiegano che devo inserire un drenaggio toracico che va collegato ad un aspiratore a parete. Vengo portata al pronto soccorso (era un prefestivo e l'unico chirurgo
disponibile era lì), dove mi fanno sdraiare nuda con solo il pannolone addosso in una saletta con la porta aperta, e tutta la gente che gira per il corridoio del pronto soccorso che passa di lì e mi vede, pazienti e parenti compresi. Mi sentivo un pezzo di carne in esposizione sul banco del macellaio, la mia dignità calpestata... Avevo
freddo, non riuscivo a respirare e avevo paura...ho aspettato così per forse un'ora, forse di più, non saprei dirlo. Alla fine il chirurgo mi ha inserito il drenaggio (operazione fatta 2 volte perché il primo posizionamento non andava bene), un dolore incredibile che mi ha accompagnata per i 10 giorni successivi...il drenaggio andava collegato all'aspiratore a parete, e in ostetricia non ne avevano, così senza neanche farmi salutare la mia bambina sono stata trasferita in chirurgia, dove, per ovvi motivi igienici, non ho più potuto vedere mia figlia.

Dopo alcuni giorni mi hanno staccata dalla parete e riportata in ostetricia, dove potevo vedere la piccola, ma restavo comunque bloccata dal drenaggio e dal catetere inseriti nel mio corpo. Stavo male per quello che avevo e anche per i farmaci, mi davano nausea e
annebbiamento mentale. Quando mi vedevo allo specchio in bagno cercavo di non guardare, non era più il mio volto, sembravo un morto che cammina...vedendomi provavo talvolta orrore, talvolta un senso di straniamento...sentivo qualcosa di rotto nell'anima e nel corpo. Mi sentivo un pezzo di carne macellato, non una persona, una donna, una mamma, ma un corpo, un corpo martoriato e pieno di dolore. Il dolore riempiva le mie giornate e le notti interminabili, nonché i miei pensieri. Pensavo solo al prossimo antidolorifico, pregando Dio che facesse effetto. Se non fosse stato per mio marito che mi teneva la mano e mi portava la bambina, avrei desiderato morire dal male e dalla depressione che provavo. Non potevo prendere in braccio la bimba, avevo dovuto rinunciare all'allattamento, se piangeva erano le infermiere a consolarla e coccolarla, era mio marito a darle il latte
e cambiarla, io ero solo uno spettatore inchiodato in un letto, che odiava tutti perché facevano quello che avrei dovuto fare io, e che mi era stato impedito. Mi sentivo inutile, depressa, fallita e violata.

Tornata a casa le cose sono andate migliorando, ma non nego di sentire ancora che qualcosa nel rapporto con mia figlia sia stato spezzato, che dentro di me ci sia qualcosa di rotto che non so se potrò mai aggiustare. La amo alla follia, ma a volte mi sento un'estranea.
Quando qualcuno le fa le coccole e la prende in braccio, rivedo le ostetriche che se la spupazzavano mentre io non riuscivo nemmeno a girarmi nel letto, mi sento espropriata di qualcosa che doveva essere profondamente e intimamente mio, e che invece è stato di tutti tranne che mio. Vorrei gridare "mettila giù, ridammela, è mia!!", ma mi rendo conto che per la piccola è un bene avere tante persone che la amano e che devo nascondere l'ansia che mi prende...mi viene da piangere o gridare ogni volta, ma so di essere assurda e cerco di far finta di niente.

Quando la cambio e vedo la sua patatina così perfetta, una parte di me prova astio nei suoi confronti, perché non riesco a non pensare che ha distrutto la mia, che ora è inutilizzabile, e non credo avrò più il coraggio di mostrarmi a mio marito...mi sento mostruosa, ho dei pezzi di carne cuciti insieme in qualche modo. So che il dolore prima o poi andrà sparendo, ma quel grumo di carne che mi ritrovo fra le gambe non lo definirei più una vagina...non so come farò, e se ci penso mi sento veramente a pezzi, in un modo che non riesco nemmeno ad esprimere a parole. Amo mio marito, lo amo e lo desidero tanto, ma non mi sento più una donna, mi sento come un lebbroso che deve nascondere la propria deformità per non suscitare orrore negli altri. Non voglio che mi veda, perché non voglio che provi repulsione nei miei confronti.

Mi sento una mamma a metà, per tutte le cose che non ho potuto fare e che ancora non faccio per mia figlia. Mi sento in colpa perché non riesco a provare solamente amore, perché non riesco ad essere completamente felice, perché mi sento viva a metà...ho fatto un
viaggio all'inferno e ogni istante è impresso nella mia memoria, e riaffiora quando meno me l'aspetto. Quando poi mi sento dire che sono molto fortunata perché non mi faccio la cacca addosso mi sento anche peggio...ho 29 anni e avrei potuto essere incontinente. Anzi, dovrò fare molta riabilitazione per non diventarlo comunque fra 20 o 30 anni...ma avrò solo 50 o 60 anni, più giovane di mia madre adesso...come si fa ad essere incontinenti così giovani? Starò ancora lavorando...è assurdo.

E la cosa più assurda è che era TUTTO evitabile, se solo qualcuno avesse dato retta al mio ginecologo. Se avessero anticipato il parto o fatto un cesareo, ora non starei lottando con tutte le mie poche forze per non cadere in depressione. Non posso permettermelo, ho una figlia meravigliosa e un marito incredibile, non posso abbandonarli, ma è dura, ogni giorno è una lotta che mi consuma l'anima.

Se vorrai pubblicare la mia storia sul tuo blog, forse qualche donna nella mia situazione si sentirà meno sola.

1 commento:

  1. Sono letteralmente inorridita dal tuo racconto e ringrazio DIO per avermi mandato quel giorno il ginecologo perfetto che ha deciso di programmarmi un cesareo dalla mattina alla sera (anche se non strettamente necessario) salvandomi dall'induzione e chissà cos'altro. Prossimo parto? Cesareo al 200%.

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