martedì 29 ottobre 2013

mi sono sentita gelosa di mia figlia

La mia esperienza è stata pessima, così terribile da aver condizionato negativamente il primo anno di vita di mia figlia, da avermi lasciato dentro il ricordo di una macelleria più che di un parto e da aver compromesso, spero non definitivamente, la possibilità di avere un secondo figlio in futuro, in quanto l'idea di subire nuovamente quello che ho patito quella notte mi atterrisce. Mi ero informata per tempo, consultando le ostetriche in più di un'occasione, dell'approccio della clinica in merito all'anestesia (che mi era stata garantita), alla libertà accordata alla partoriente (mi era stato detto che mi avrebbero lasciato partorire nella posizione a me più congeniale, indipendentemente dall'epidurale), che avrebbero rispettato le mie idee riguardo l'utilizzo di farmaci e tecniche non fisiologiche (rottura del sacco, ossitocina, manovre, ecc) Sono stata ricoverata la mattina verso le 9, mia figlia è nata più di dodici ore dopo, nulla di strano se non fosse che: -L'epidurale: Inizialmente ho cercato di attendere prima di chiedere l'epidurale, in quanto credevo di poter sopportare il dolore, ma ho sempre chiesto che mi fosse detto fino a quanti cm aveva senso farla, e mi è sempre stato risposto dalla ginecologa che l'avrei potuta chiedere in qualsiasi momento, io ero davvero incredula a riguardo, ma mi sono fidata, così l'ho chiesta quando ero al 7 cm di dilatazione. L ostetrica e l'anestesista hanno fatto uscire il mio compagno dalla stanza, malgrado io non volessi, e mi hanno inserito una cannula nella schiena una prima volta, poi hanno iniziato a parlare a bassa voce rifiutandosi di spiegarmi cosa stesse succedendo, indispettiti dal fatto che io chiedessi spiegazioni a riguardo, allarmata in quanto avevo capito che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Poi mi è stato detto che avrebbero dovuto procedere nuovamente all'inserimento, a quel punto ho chiesto che lo facesse un altro medico, hanno iniziato ad opporsi sempre più sgarbatamente, a quel punto ho ceduto, ma comprensibilmente stressata dall'accaduto e soprattutto dal modo in cui è stato gestito da ostetrica e anestesista. -Lo stress: La dilatazione è progredita lentamente, mi volevano costringere a tutti i costi ad assumere ossitocina, alla quale mi sono opposta, e alla rottura del sacco, cosa che alla fine ho accettato più per la stanchezza di rifiutarmi che per altro. Ad ogni loro richiesta di intervenire per accelerare il parto io chiedevo se fosse giustificata da un effettivo pericolo per la salute di mia figlia, ragione per la quale avrei sicuramente acconsentito, ma mi è sempre stato detto che era solo per sbrigarsi (mica possiamo stare tutta la notte appresso a te)... -La fase espulsiva: L'anestesia sembrava funzionare tranne che poco prima dell'inizio della fase espulsiva: l'effetto è svanito del tutto ed ho sentito l'episiotomia, TUTTO, è stato orrendo, ho urlato così tanto da avere il mal di gola il giorno dopo, la ginecologa continuava a inserirmi dita in vagina mentre io chiedevo di essere lasciata in pace perché non riuscivo a concentrarmi, a rilassarmi (l'ostetrica con cui avevo fatto il corso mi aveva detto che in quel momento più ci si astiene dal toccare meglio è per la tranquillità della partoriente), ho chiesto di cambiare posizione e mi è stato impedito (adesso fai come diciamo noi), cercavo di respirare per come mi aveva insegnato l'ostetrica con cui avevo fatto un corso pre-parto in un'altra struttura e loro a urlarmi di fare come dicevano loro, finché la ginecologa mi ha messo un gomito tra le costole ed ho creduto di svenire.. -La placenta: A quel punto sembrava che il peggio fosse passato, la bambina era nata, e invece no, hanno fatto uscire il mio compagno dalla stanza (PERCHE???), mi hanno messo i punti SENZA aggiungere l'ANESTESIA nella cannula che ancora avevo applicata, malgrado l'avessi chiesta. Io chiedevo che mi fosse attaccata la bambina al seno perché sapevo che si può fare subito e che anzi questo aiuta l'espulsione della placenta, ma non solo non sono stata ascoltata ma mi è stata anche praticata l'iniezione per fare uscire la placenta, malgrado non la volessi. Dopo l'uscita della placenta mi è stato detto che non era stata espulsa correttamente e a quel punto, SENZA ANESTESIA, MALGRADO LA IMPLORASSI,mi hanno tolto i punti e mi hanno fatto questa operazione di scovolamento, in cui ravanano in utero e vagina per DUE ORE con attrezzi vari, dopo che quella parte era già dolorante fino all'inverosimile. Diverse ostetriche con cui ho parlato in seguito, per superare lo shock di questa esperienza, mi hanno assicurato che non si tratta affatto di una procedura di routine, anzi molte di loro raccontavano che nella loro lunga vita professionale l'hanno praticata solo una o due volte, e comunque sempre in anestesia. Anche i punti possono, e nella maggior parte dei casi sono dati in anestesia, e comunque una che ha chiesto l'epidurale non può ritrovarsi a sentire il dolore della suturazione! Durante lo scovolamento ho pianto, urlato, ma cerano queste due infermiere a tenermi le gambe aperte e l'ostetrica ad operare imperterrita. Una volta finito, mi sono stati nuovamente applicati i punti, non posso dire il dolore di quei momenti..dicono che a un certo punto il corpo umano secerne degli ormoni dell'amnesia che fanno dimenticare i dolori del parto, predisponendo le donne a fare altri figli.. beh, nel mio caso li sto ancora aspettando! Il giorno dopo ho assistito ad una lenta processione del personale della clinica, dagli anestesisti alle ostetriche ai ginecologi, i quali si sono scusati per il comportamento delle loro colleghe, hanno attribuito molti dei problemi verificatisi alla fase avanzata di dilatazione alla quale mi è stata praticata l'anestesia ma mi era stato garantito da chi mi stava seguendo durante le contrazioni che ogni momento sarebbe stato quello giusto! - L'ostetrica con cui ho fatto il corso di preparazione al parto è una professionista meravigliosa, ma è in pensione, perciò per potere partorire con lei bisogna pagare seicento euro, in ogni caso a Roma per essere sicuri di partorire con una determinata ostetrica occorre pagare molto di più, ma a me, pur potendomelo permettere, contribuire all'affermarsi di questo sistema non sembra giusto, perché credo che abbiamo tutte diritto ad un servizio sanitario decente, rispettoso della dignità delle donne, indipendentemente dalla nostra disponibilità economica. Per questo motivo avevo deciso che avrei partorito in un ospedale pubblico o al massimo in una clinica convenzionata, scelti con attenzione, andando a parlare durante la gravidanza con il personale medico ma affidandomi poi all'equipe che mi sarebbe capitata come qualunque altra cittadina, ma quant'è stato irritante sentire quelle domande continue da chi è stata seguita? Chi è il suo ginecologo? come se questo dovesse determinare una qualità di trattamento diversificata. -Non mi sono decisa a scrivere questa esperienza solo perché desidero che a nessun altra succeda quello che è successo a me. Certo, non lo auguro a nessuno, strabuzzo gli occhi se mi dicono che vanno a partorire lì, prego tutte di informarsi molto bene sull'epidurale, e di pagare un'ostetrica di cui si fidano ad ogni costo perché il prezzo da pagare per essere coerenti con il proprio senso civico è semplicemente troppo alto in certe situazioni, ma c'è dell'altro. C'è un senso di ingiustizia, per non essere stata trattata con la diligenza, il rispetto e la sensibilità DOVUTE, che mi fa una grande rabbia, e credo che chi ha sbagliato debba riflettere maggiormente sul proprio modo di operare, sul pressappochismo e l'arroganza con cui si interfaccia con persone che si trovano in un momento molto importante della propria vita, sulla superficialità con la quale si arreca un dolore fisico ma soprattutto psicologico atroce e del tutto evitabile. E profondamente ingiusto che nel 2011 si debba soffrire a causa dell'incapacità dei medici e delle ostetriche, assuefatti a vedere nelle donne delle bestie da soma che in fondo possono sopportare qualsiasi dolore... Riguardo al rapporto con mia figlia, ho provato innanzitutto molta gelosia, era come se pensassi, e una parte di me lo prova ancora, che mi era costata così tanta fatica da non poterla condividere con nessuno. Questo soprattutto perché sentivo intorno a me un clima di grande gioia e scarsissimo rispetto per la mia sofferenza, che veniva liquidata come il solito dolore di un banalissimo parto. Indipendentemente dal fatto che descrivessi quello che era successo, la maggior parte dei parenti e degli amici tendeva a sminuire la mia sofferenza per focalizzarsi sulla bellezza di mia figlia, è qualcosa che non posso dimenticare, mi ha fatto molto male. Mi è sembrato come se mi dovessi difendere, e dovessi difendere mia figlia, da quel mondo che ci circondava e che era sordo rispetto al dolore in cui ero sprofondata. Era come se pensassi: "Incapaci loro di capirmi, incapaci loro di avere mia figlia e di soddisfare la gioia di prenderla in braccio". Sì, a volte mia suocera mi ringraziava per averla partorita, ma le sue parole mi giungevano formali, come se in fondo si desse per scontato che l'avessi fatto e che avessi passato quello che passano tutte le donne. Anche la naturale tendenza all'understatement di mio marito, che tende sempre a smorzare i toni in tutte le situazioni, applicata alla circostanza del mio parto, soprattutto quando raccontava ad altri come era andata, mi faceva ribollire di rabbia... può un uomo che non c'è passato, e che anzi ha visto dimenarsi sua moglie in preda al dolore più cieco, liquidare la faccenda con qualche aggettivo lievemente negativo? Ero iperprotettiva nei confronti di mia figlia anche rispetto agli estranei, mi dava fastidio che la toccassero per strada, temevo che le potessero trasmettere infezioni, in ogni caso credo tutt'oggi che non sia bello che la gente si avvicini troppo o metta le mani con cui è salita sui mezzi pubblici addosso ad una neonata di qualche settimana...Ero ipersensibile alle critiche, mi dava fastidio che la gente per strada mi fermasse chiedendomi perché facessi uscire mia figlia di dieci giorni, io avevo bisogno di aria, non di stare chiusa in casa a rivangare tutto quello che avevo passato, ed in ogni caso, è giusto che una donna sia bersaglio di critiche e commenti mentre va a fare una passeggiata con sua figlia?farebbero la stessa cosa se si trattasse di un uomo, o se fosse accompagnata dal marito? A parte tutto ciò, mi è costata molta fatica occuparmi di mia figlia, sono stata dimessa dalla clinica con il seno ingorgato-l'ho tralasciato nel racconto perché non ce la facevo più a scrivere dello strazio- sempre per questa mia fissazione ideologica di non ricorrere al privato mi sono recata, quando già non potevo girarmi nel letto per i dolori al seno ed i capezzoli sanguinavano, al consultorio del mio quartiere dove mi hanno praticato la spremitura manuale delle tette, non sto scherzando. E' stato un dolore lancinante senza fine. Il giorno dopo è finito il latte, ma io non me ne riuscivo a convincere, avevo due seni enormi fino al giorno prima, ma il pediatra insisteva, la bambina non prende peso, così ho fatto la doppia pesata di fronte a lui e mi sono dovuta arrendere di fronte alla realtà. A quel punto ho fatto l'unica cosa che avrei dovuto fare sin dall'inizio, ho chiamato l'ostetrica che mi aveva fatto il corso pre-parto, lei mi ha dato un programma molto serrato per riattivare la produzione di latte, allattamento, tiralatte, integratori, e soprattutto umanità, ed il latte è tornato. E' stata dura, durissima, anche perché facevo e faccio un lavoro che mi piace molto, viaggiavo moltissimo all'estero, e tutt'a un tratto gli orizzonti della mia vita si sono ristretti alla mia stanza da letto, ma poi la guardo e non riesco a pensare che sia colpa sua, se mai mia che non ho considerato seriamente tutte le rinunce a cui sarei andata incontro, ma mi trovo d'accordo con quello che dicono in molti, fare un figlio è un po' un atto d'incoscienza, altrimenti se si soppesa troppo si aspetta finché non si può più resistere, arrivano i famosi quarant'anni, ma anche lì non è che sia tutto rose e fiori, la fecondità che decresce, le forze che diminuiscono.. Adesso mi sto riprendendo, è riaffiorata la mia anima battagliera in una forma meno distruttiva e rabbiosa, più positiva, lei cresce, è più interattiva, ed io che ero la prima tra le mie amiche ad avere avuto un bambino sono oggi circondata da pance e bambini più piccoli di mia figlia, quindi anche quel senso di solitudine va svanendo, ma che fatica!

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