Sono arrivata a Bangalore nell’aprile del 2013 per via del lavoro di 
mio marito. In precedenza lui aveva lavorato al Cairo, ma io ero rimasta
 in Italia, dove avevo un lavoro che mi appagava. Essendo però Bangalore
 molto più distante del Cairo, ho deciso di fare le valigie e 
installarmi qui con lui. Il primo anno l’ho dedicato a godermi le cose 
belle che la vita d’expat ci regala: scoprire il posto e la nuova 
cultura, tessere amicizie, viaggiare. Il secondo anno è stato quello 
della gravidanza. E il terzo, quello con Eugenio, nato a Bangalore con 
parto cesareo.
Devo dire che ho avuto modo di apprezzare gli aspetti positivi della 
sanità privata di Bangalore nell’ultimo periodo della mia gravidanza, 
quando una placenta bassa mi ha costretto a un paio di settimane in 
ospedale. Ero già molto contenta del rapporto con la mia dottoressa. 
Scegliere un medico qui non è difficile. Ce ne sono molti che studiano e
 cominciano la loro pratica negli Stati Uniti o in Inghilterra, e poi 
tornano qui e lavorano in cliniche private, assicurandone ottimi 
standard. Quello che si riceve è dunque una fusione tra la 
professionalità occidentale, quindi con pratiche mediche moderne e di 
tutta fiducia (ho anche scoperto che esiste un protocollo internazionale
 di procedure per le gravidanze e i parti), e la mentalità indiana nella
 cura del paziente. Fin dall’inizio mi sono sentita presa in carico e 
seguita con molta attenzione e affetto dalla mia dottoressa, che da 
subito mi ha fatto capire che quello che le stava a cuore era la mia 
tranquillità.
Quest’attenzione estrema verso il paziente l’ho sperimentata in ospedale prima del 
parto. Ero stata ricoverata a causa di alcune perdite e nelle due 
settimane di permanenza, ero continuamente visitata, incoraggiata, seguita.
 Ogni dieci minuti qualcuno entrava nella mia stanza per propormi uno 
snack, il quotidiano, un controllo della pressione o soltanto per vedere
 se stavo bene o se avevo bisogno di qualcosa… Non è solo il concetto 
privacy ad essere diverso, è proprio l’approccio al paziente che ha 
questo ingrediente di calore umano, vicinanza e incoraggiamento. Ad 
esempio qui ho sempre avuto la sensazione che mi spiegassero per bene 
tutto quello che dovevo sapere. Mentre magari i medici italiani, forse 
anche per eccesso di professionalità, a volte parlano un linguaggio 
“medichese”, che lascia delle zone d’ombra nelle loro spiegazioni, qui 
si prendono il tempo per spiegare tutto con semplicità e chiarezza , con
 il risultato che ci si sente rilassate e a proprio agio con il decorso 
della gravidanza (o della malattia).
 
Il mio è stato un cesareo programmato, ed è andato tutto bene. Avevo 
una stanza singola con bagno, e il bebè in camera con me (qui non si usa
 il nido salvo che per la terapia intensiva e anche il primo bagnetto si
 fa in camera con la mamma, mentre infermiere e neonatologo spiegano 
come fare). Anche lì c’era un continuo carosello di infermiere che 
entravano per vedere se andava tutto bene, ma questa umanità è 
sicuramente un plus, soprattutto in momenti in cui si è vulnerabili e 
lontane chilometri e chilometri dalla famiglia, dagli amici, dalla 
propria rete di supporto. Le infermiere che mi hanno assistita alla 
nascita mi facevano sentire come se fossi parte della loro famiglia e 
tutt’ora, ogni volta che vado alla clinica per una visita pediatrica, 
guai se non salgo al reparto neonatale a far veder loro i progressi 
nella crescita di Eugenio!
 Mi sono dunque trovata molto bene, sia durante tutta la gravidanza, 
che al momento del parto e subito dopo (dopo 48 ore si va a casa ma con 
una terapia del dolore da seguire che non mi ha mai fatto sentire alcun 
male dovuto al taglio) . Nonostante la tariffa davvero modesta (circa 
100 euro al giorno per una stanza singola con bagno, appunto), il 
servizio e la struttura sono impeccabili.
Certo, ci sono delle differenze con i nostri sistemi, naturalmente. 
Ad esempio il piano vaccinale indiano è molto più complesso di quello 
italiano: nei primi sei mesi di vita del bebè, somministra i vaccini che
 in Italia sono spalmati sui primi due anni.
Stare a contatto con gli indiani dopo il parto permette anche di 
venire a conoscenza di una serie di usanze culturali che caratterizzano 
questo momento della vita. Ad esempio, i bebè vengono fasciati, non 
stretti stretti come poteva accadere quando erano infanti i nostri 
nonni, ma vengono comunque avvolti con fermezza in un panno di cotone 
che li tiene raccolti e ricorda loro il grembo materno.
E
 in effetti, questa pratica che a noi può sembrare antiquata, si è 
dimostrata ottima per calmare il bambino nei momenti del pianto. Poi ci 
sono le raccomandazioni popolari delle vicine di casa o della maid, che 
non ho seguito, ovviamente: non lavarsi i capelli per quaranta giorni 
dopo il parto (la madre deve stare assolutamente attenta a non 
compromettere il suo stato di salute, quindi avere i capelli umidi 
potrebbe esporla a raffreddori) o tenere la bambagia nelle orecchie, in 
modo da proteggerle da correnti d’aria. Ci sono poi una serie di cibi 
che vengono preparati e offerti apposta alla puerpera per mantenerla in 
forze e in salute. Tra questi una ricetta a base di ghee (burro
 chiarificato), che è una bomba di calorie e che la nostra mentalità 
occidentale, impegnata da subito dopo il parto a buttar giù chili, 
rifuggirebbe come la peste. I medici cercano di spiegare l’inutilità o 
la dannosità di queste pratiche …ma spesso invano!
Altra usanza molto diffusa, anche nei ceti sociali abbienti, è quella
 di mandare le donne che hanno appena partorito a vivere dai suoceri, 
che sono una presenza altamente ingombrante nel matrimonio. Mi è stato 
addirittura raccontato di un caso in cui una poveretta in travaglio ha 
dovuto aspettare l’autorizzazione dei suoceri per avere l’epidurale!
La clinica dove ho partorito è il Columbia Asia Hospital
 presente in Malesia, India, Indonesia e Vietnam, e la mia ginecologa 
chirurgo è la dottoressa Jyothi V. Shenoy, che resterà sempre impressa 
positivamente nella mia memoria come parte di questa avventura speciale 
che è stata avere un bimbo MADE IN INDIA.
Silvia
 Bangalore, India
 Maggio 2016(post originale)
 
 
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