venerdì 21 ottobre 2011

ho partorito due volte

Ho avuto la-gravidanza-perfetta.

Non una nausea, non un problema, ecografie ed esami da manuale. Ho viaggiato, ho lavorato fino all’ultimo: la cosa più grave che ho patito sono stati i pianti scatenati dagli ormoni guardando Ugly Betty. Ho seguito coscienziosamente il corso preparto, fatto gli esercizi con scrupolo, immaginando di contrarre un acino d’uva tra le pareti vaginali – e questo è il motivo per cui in casa mia non si compra più uva, ma è un’altra storia –, immaginando le contrazioni di dolore buono, d’aiuto per la mia bimba. Ho preparato la valigia con l’occorrente per allattare un asilo nido. Insomma, ero serena e felice, sicura che sarebbe stato tutto facile come la mia meravigliosa gravidanza.

Quindi, quando il giorno del mio compleanno comincio ad avere le doglie, sono sempre contenta, anche quando i il dolore aumenta. Alle 8 di sera vado in ospedale e scopro che dopo cinque ore di contrazioni ogni 4 minuti ho una dilatazione di 2cm. Mi rompono immediatamente le acque e mi mettono sotto ossitocina e non so cos’altro per favorire l’apertura del collo dell’utero. Oggi mi mordo le mani per non aver chiesto, per non essermi chiesta se ce ne fosse davvero bisogno, visto che pupa non era in sofferenza, a differenza mia dopo quel cocktail medico.

Le contrazioni cominciano a mordere alle 9 di sera e continuano fino alle 3 di notte. Il dolore è sempre più forte, incattivito dai medicinali. Caccio mio marito dalla sala travaglio, mi lamento, dichiaro di non volere più la mia bambina e così via. Riaffiora vagamente il ricordo dell’ostetrica al corso preparto che esorta ad “abbandonarsi al dolore” e devo forzarmi per smettere di lottare contro il male che provo ogni minuto e mezzo, ma così facendo le ore cominciano a scorrere. A un certo punto mi addormento tra una contrazione e l’altra e in quel minuto e mezzo addirittura sogno, pur di fuggire con la mente!

Sento di star partorendo contro la mia volontà, vorrei smettere. Mi chiedo perché in dieci lezioni di corso preparto nessuno mi abbia preparato a questo, ma solo a una specie di esperienza mistica che sono ben lungi dal provare. Intanto ostetriche e medico di guardia si alternano: sono gentili e professionali ma mi sento ogni volta un po’ umiliata dalle mani, dal pannolone, dagli odori. Nemmeno a questo ero preparata.

Alle 3:00 finalmente sono del tutto dilatata, ma la testa di mia figlia ancora è decisamente in alto. Ostetrica e ginecologo mi dicono di spingere, io spingo, anche se non ne ho lo stimolo, a differenza di quanto spiegato al famoso corso preparto. Niente. Mi urlano di spingere, spingo e non succede niente. Ora so che può succedere, ho letto che c’è chi ha bisogno di un po’ di tempo tra fine dilatazione e fase espulsiva, ma mi avrebbe fatto più comodo saperlo prima...

Invece in quella sala parto fredda e lucida mi sento mortificata, incapace, percepisco tensione e non capisco perché. Dopo un’ora sono sfatta dalla stanchezza, chiunque arriva mi ficca una mano dentro e dice “Ma com’è possibile, ancora non si vede la testa”. Urla e spinte ancora, cominciano a buttarsi sulla mia pancia. Niente. Alle 3:55 provano con la ventosa, che fa un male cane nonostante il canale del parto aperto. Non funziona nemmeno quella, la bambina non scende.

A quel punto il ginecologo mi dice che occorre fare il cesareo, e io, sfatta dal dolore ma ancora ben ancorata alle meraviglie del parto naturale, obietto “No, ma come?”.

Lui mi risponde con un’altra domanda: “Vuoi che tua figlia nasca sana?”

A pensarci ora ho i brividi, in quel momento grazie al cielo ero così distrutta che non ho capito la gravità della situazione. Se n’è ben resa conto invece la mia famiglia, in attesa fuori dalla sala operatoria che – mi hanno raccontato poi – vede una scena da film in cui le infermiere corrono gridando “tenete aperte le porte dell’ascensore” e poi arriva di gran carriera la barella con me sopra cosciente ma non troppo, e soprattutto, ancora con il pancione.

Mi portano di corsa in sala operatoria, anestesia totale per far prima. Elena nasce alle 4:07, rosea, bellissima e… ben avvolta nel cordone ombelicale, con i classici due giri intorno al collo e un giro trasversale sul petto, cosiddetto ‘a bandoliere’, tipo cintura di sicurezza, per intenderci .

Non sarebbe uscita mai con un parto naturale, perché il cordone la tirava su quando spingevo.

E ci hanno messo solo otto ore per accorgersene…

Io che sognavo il momento in cui avrei visto mia figlia subito dopo essere uscita da me, sporca e piangente, l’ho vista per ultima, dopo il papà, i nonni e chiunque altro, ore dopo il mio risveglio dall’anestesia.

Non l’ho potuta nemmeno tenere come immaginavo visto che ero sfatta da una notte di travaglio e un intervento in anestesia generale, e pure legata al letto dalla flebo. Il primo giorno della sua vita mia figlia l’ha trascorso principalmente con mia madre e mi sono sentita a lungo colpevole per questo.

Ci ho messo un po’ per riprendermi, per convincermi che era andata bene così, che per fortuna mi avevano fatto il cesareo altrimenti mia figlia non sarebbe qui.

Nelle visite di amiche, parenti e conoscenti dopo la nascita di Elena mi si è aperto un mondo: tutte parlavano con disinvoltura dei loro parti più o meno difficili, con una ricchezza di dettagli che nessuna si era sognata di darmi prima, quando mi potevano servire. Perché tra donne c’è questa affettuosa omertà? per pudore? per timore di spaventare la partoriente?

Sarò stupida io, ma invece di sentirmi dire “Non ti preoccupare tanto ti dimentichi tutto” avrei avuto bisogno di qualcuno che mi spiegasse “Guarda, fa un male inimmaginabile, un dolore che non si può spiegare. Ma anche quando pensi che non ce la farai mai ricordati che sei nata anche tu così, e pensa che entro qualche ora in qualche modo è tutto finito”.

Avrei avuto bisogno di qualcuno a quel dannato corso preparto che, dopo aver magnificato le meraviglie della nascita naturale dicesse “Comunque, anche se fino a poco tempo fa si ricorreva al cesareo troppo spesso, ci sono anche casi in cui è necessario, se succede a te non te ne fare una malattia”. E non parliamo di quanto avrei avuto bisogno di qualcuno che NON dicesse “Tutte le donne possono allattare”, ma il mio non-allattamento è un’altra storia.

In tutta la faccenda c’è anche un risvolto cinicamente divertente, perché sono diventata una piccola mitologia tra amiche e conoscenti, sono quella che

“Ma lo sai che una tizia che conosco ha fatto due parti per far nascere sua figlia? Brrr…”


Matrioska (unpomamma.blogspot.com)

7 commenti:

  1. Cara Matrioska,

    in primis mi viene un commento "tecnico" della tua storia, anche se lo faccio sempre con grande esitazione, non mi piace discutere l'altrui operato senza confronti diretti, senza capirne le ragioni. La prima cosa: dal tuo racconto c'è un'amnioressi (rottura artificiale del sacco) e una perfusione di ossitocina che non mi spiego, visto che non hanno ravvisato sofferenza fetale e che a 2 cm, anche se le contrazioni sono ogni 4' non è affatto detto che tu fossi stata in travaglio attivo - mancano diversi elementi: quanto duravano queste contrazioni dal picco max del dolore?; a parte l'intervallo tra l'una e l'altra erano "regolari", tutte uguali quanto a lunghezza? Ma ce ne sono altri che non è possibile ricostruire a posteriori ... se la contrazione era uguale per intensità tra parte alta e bassa dell'utero (si sente con le mani, è un segno che ci aiuta capire se siamo o meno in travaglio attivo) e poi la visita... 2 cm di dilatazione ok, ma i tessuti com'erano? cedevoli, resistenti? Il collo in che posizione era? (posteriore, centrale) e il segmento inferiore dell'utero? Sono tutti dati che non possono essere raccolti dopo, a meno che nella cartella non li segnino ma... quando in cartella si segnano questi dati di solito significa che sei in un H dove difficilmente si mette una perfusione e si fa un amnioressi precoce, senza indicazione.
    Non è "colpa" tua il non aver chiesto, anche se avessi chiesto boh ... non so quanto nella diretta su un aspetto così preciso ("necessità" di accelerare) avresti avuto reali margini di contrattualità, né strumenti per valutare se era o meno opportuno farlo. E' chiaro che a sacco rotto e perfusione in vena il dolore diventa lancinante, è già stato un miracolo che tu sia riuscita a "starci dentro", ricordando quello che ti avevano detto al corso....
    Quanto al periodo espulsivo, è verissimo che tra fine del travaglio e inizio del periodo espulsivo (=quando la dilatazione è completa E tu senti spingere, segno che la testina è "scesa" abbastanza per far partire lo stimolo di spinta) può passare del tempo, anche un'ora, a maggior ragione se sei stata "spinta" con ossitocina l'utero ha fisiologicamente bisogno di riprendersi e il bimbo pure ... Iniziare a spingere se non c'è spinta spontanea, senza rispettare la fase di transizione, conduce alla situazione che hai ben descritto: sfinimento, spinte inefficaci (è veramente molto difficile spingere in modo adeguato se non c'è la testina che dà lo stimolo). Il fatto che abbiano tentato la ventosa mi fa pensare che cmq la testina sia scesa almeno sino al cosidetto "medio scavo" (= quindi con le tue spinte hai fatto il max possibile) e che la bimba cmq stesse bene. La volata finale in sala operatoria e tc in totale me la spiego (se non scendeva con ventosa a sto punto era chiaro che era trattenuta da giri stretti, in realtà nascono anche con giri al collo e a bandoliera, ma dipende da quanto sono stretti), ma ti posso anche dire che era dura prevedere che quei giri fossero "stretti" sino alla fallita applicazione di ventosa, che non c'erano stati cali importanti di battito. In eco i giri non si vedono (te lo dico perché a volte scatta anche questo pensiero).

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  2. (segue) Non so spiegarmi perché la totale, dal racconto sino all'ultimo il battito è stato buono, può essere che cmq si siano spaventati perché la bimba non è scesa con la ventosa, o perché il calo c'è stato ed è stato importante ... ma le condizioni alla nascita fanno pensare di no.
    Che dirti? Sul piano della conduzione clinica mi vien da dire perché ossitocina e amnioressi, a fronte poi di una conduzione "conservativa" del periodo espulsivo. Mi verrebbe da chiederti dove hai partorito, se te la senti ... Mi piacerebbe capire se in quel luogo ci sono protocolli precisi o se la conduzione è "turnodipendente". Certamente la comunicazione è stata pessima: non si può far spingere una donna che non senta la spinta, senza che la testina sia scesa e poi urlare, incazzarsi farla sentire incompetente. Non si può buttarle addosso "lo vuole sano" quando si decide un Tc e la donna giustamente chiede perché.
    Il corso preparto l'hai fatto in quell'H o fuori? Cmq hai perfettamente ragione che non si può non parlare anche di queste possibilità di intervento. Se il corso è stato in H, ti consiglio caldamente di dire all'ostetrica o al medico che l'ha tenuto quanto tu abbia sofferto per l'induzione di aspettative non corrisposte, o per lo meno a senso unico.
    Intuisco l'altro racconto "allattamento mancato", anche quello non è certo una tua colpa ma immagino un'altra puntata di un racconto di cattiva assistenza.
    Se hai voglia scrivimi direttamente, se pensi che ti possa aiutare parlarne ancora, capire meglio ...
    io cercherei l'ostetrica che ti ha assistito, quella del corso preparto e cercherei di capire con loro, almeno di dar loro un feed-back, spero sappiano ascoltarti e non si "parino" giustificandosi a priori. Ci vuole tempo per metabolizzare un'esperienza così difficile, posso solo dirti che è vero: hai partorito due volte e la tua bimba, nonostante il Tc finale, ha avuto tutti gli stimoli preparatori alla vita postnatale che avvengono nel travaglio. Tanto che è nata bella rosea! ... Il travaglio, rivedilo un po' come una sequenza di intensi abbracci della sua mamma che la stava avvisando del cambiamento imminente, non è stato per lei negativo, da nessun punto di vista. Se posso esserti utile ci sono, ti abbraccio

    Marisa

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  3. Cara Matrioska
    tua figlia ha passato le prime 24 ore di vita tra le braccia di tua madre, e tu dici di esserti a lungo sentita in colpa per questo, ma il fatto che tu abbia scelto “Matrioska” come pseudonimo mi fa sorridere di tenerezza....cosa sono le matrioske se non una catena di madri una dentro l'altra? Madri che proteggono figlie, a loro volta madri....
    Condivido in pieno la tua rabbia per ciò che viene taciuto, a volte mistificato, e che non aiuta nessuno.
    Per come la vedo io, la nascita è una gran battaglia e non una passeggiata sotto un viale di ciliegi in fiore. Una battaglia dura, cruenta, in cui ogni protagonista fa la sua parte (la donna, il bambino, l'ostetrica o chi per lei). A volte si combatte come alleati ben affiatati, a volte invece lo si fa uno contro l'altro. Non si può sapere prima, non si può prevedere e l'esito non è mai certo. E' un evento fisiologico certo, ma che c'entra la fisiologia con l'esperienza mistica e i ciliegi in fiore?
    Noi ci possiamo preparare a quello che ci pare, possiamo esserci allenate per nove mesi interi per affrontare il momento cruciale, ma non possiamo sapere come andrà. Per tanti motivi, primo tra tutti che il nostro bambino mica è una nostra appendice.... ha una sua indole e una sua storia, cominciata nel nostro grembo d'accordo, ma ha una individualità ben distinta. E allora vai a sapere perchè uno si arrotola nel cordone come fosse un salame, o perchè un altro se ne sta seduto fino all'ultimo e non ci pensa nemmeno a mettersi a testa in giù....Ogni bambino è davvero speciale, e lo dimostra fin dal primo momento. E' bello che sia così. Hai presente quelle acrobate aeree che si arrotolano e si srotolano a una corda? Ecco, la tua Elena ha incominciato così, chissà come diventerà da grande....
    Molte delle cose che hai scritto, qui e nel blog a cui ho dato una sbirciatina, mi hanno ricordato un bellissimo libro che ho letto recentemente, e che a mio parere andrebbe in ogni bibliografia sull'argomento: “Di materno avevo solo il latte”. Fa anche molto ridere, il che non guasta mai!
    In bocca al lupo

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  4. Cara Marisa, grazie mille delle tue parole. Il tuo commento da professionista del ramo mi sta molto aiutando a collocare nella giusta prospettiva tutta l'esperienza di quella lunga notte. Preferirei dirti in privato di che struttura si tratta, se mi dai la tua mail. Quanto al'uso di ossitocina e rottura delle acque "a scopo preventivo" io avrei una teoria ma non ne sono sicura, diciamo che è più un'illazione. Mi viene da pensare che la cosa non sia stata fatta a fini medici ma "diplomatici". Mio padre è medico nello stesso ospedale da molti anni, e c'era anche lui ad aspettare la nascita di Elena.Il ginecologo di guardia quella notte lo conosce da molto tempo e ipotizzo che possa aver agito in quel modo per accelerare i tempi e diminuire l'attesa di tutta la famiglia. Ripeto, non ne sono sicura ma non so darmi altra spiegazione, visto che sia io che Elena all'arrivo stavamo bene.Dici che è una follia?
    Grazie anche per l'ultima parte del tuo messaggio: in effetti non avevo pensato che quelle lunghe ore di contrazioni abbiano fatto male a me ma bene a Elena, così tutta la vicenda ha più senso.
    un abbraccio e grazie

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  5. Cara Marzia,
    io non sono una tipa dalla lacrima facile ma mi hai fatto commuovere più di una volta con le tue parole. Grazie della tua sensibilità e della tua dolcezza: l'immagine della mia piccola acrobata è meravigliosa.
    Ho letto tutto il tuo blog, è un posto bellissimo, spero solo che riprenderai a scrivere. Un abbraccio

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  6. E devo dire grazie anche a te, Calenda Maia, per avermi dato spazio. Io volevo solo fissare il ricordo di quei momenti, e invece, grazie alla sensibilità tua e delle lettrici di questo blog ho trovato inaspettatamente modo di rielaborare, capire, superare. Spero che molte altre donne abbiano la mia fortuna nell'approdare su questa spiaggia :-)

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  7. ciao matrioska, il "dettaglio" che aggiungi - padre medico nello stesso H - "ci può stare" con l'amnioressi precoce e l'ossitocina. Ma nessuno ne ha le prove ...
    per la mia mail chiedila a maia, le ho già detto che mi va beissimo se mi scrivi in pvt
    a presto

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